pietà, al di là dell´orrore" evitò di scendere nei sotterranei). E spiega lo spopolamento del paese con quel "fenomeno, relativo a quasi tutto il litorale della penisola italiana e delle isole, verificatosi dalla fine del secolo XVIII, quando la paura delle incursioni piratesche cominciò ad attenuarsi e le popolazioni, che si erano arroccate sui monti sovrastanti le coste, si spostarono verso il mare. Poi lungo il litorale si aprirono le vere e proprie strade di comunicazione. E poi la ferrovia".
Anche se "lo spostamento della popolazione verso il lido e la soppressione della sede vescovile (Sàvoca era sede di archimandrita, cui appartenevano ventiquattro dei quarantotto feudi che formavano il territorio del comune) spiegano fino a un certo punto la spaventosa decadenza di Sàvoca.
La più diretta causa è da ricercare nella concessione dell´autonomia amministrativa ai villaggi sorti, in territorio di Sàvoca, lungo la strada carrozzabile Messina-Catania; e precisamente alla costituzione del Comune di Santa Teresa Riva, nel 1853". E non dimentica di citare la "guerra" sorta con quest´ultimo comune, quando nel 1928 era stato addirittura eliminato quello di Sàvoca, poi ricostituito nel 1948.
Sciascia restò colpito dall´esuberanza del paesaggio e della natura tutt´intorno, nella sua esplosione vitale, che contrastava con l´immobilità umana. "E le nostre voci, mentre andiamo su e giù per le strade del paese e ci fermiamo ad ammirare portali, rosoni, bifore - e il paesaggio ad ogni svolta diverso, per cui si dice che Sàvoca ha sette facce - suonano sperse, irreali".
Allora la vita del paese era legata all´agricoltura (ma dei tre monaci del convento padre Anselmo non cita padre Basilio da Naso, studioso di storia locale, "forse perché immerso nelle sue vecchie carte, estraneo e lontano"). E paragonando la vocazione turistica di Taormina a quella di Sàvoca, aggiunge: "In quanto a posizione, Sàvoca non ha niente da invidiare nemmeno a Taormina".
Cita il Fazello, che riferisce di una fonte che diffondeva "acque mescolate all´olio" (nelle note di aggiornamento del Di Marzo, del 1856, veniva precisato: "Contiene il suolo di Sàvoca petrolio, piombo, marcassita, antimonio nativo e ferro micaceo").
E conclude: "Di questo fonte che diffonde acque mescolate all´olio, nessuno ha memoria. Ma in Sicilia è più facile conservare memoria dei fenici che di un´acqua che sa di petrolio. Anche padre Anselmo punterebbe tutto sull´antica Pentefur o Pentefar, sul remoto e leggendario paese che fu poi Sàvoca; sulle ricerche archeologiche, sui morti nella cripta, sul quadro di Antonello (de Saliba), sull´incanto del paesaggio. E niente sul petrolio".
E´ vero tuttavia che l´auspicio "turistico" di padre Anselmo si è poi avverato, anche se oltre cinquant´anni dopo. In una recente visita al paese, mai avevamo visto tanti pullman e tanti visitatori in giro, al punto che la lingua inglese suonava più dell´italiano.
Di Sergio Spadaro - critico letterario